Viaggioinirpinia.it

Teresa Manganiello: la venerabile contadina di Montefusco

Teresa Manganiello

La giovane contadina, vissuta nella meta’ dell’800 a Montefusco, condivideva con le donne del suo tempo, la condizione di analfabetismo che, nel suo caso, si coniugava con una peculiare forza di spirito, animo e amore di conoscenza che l’hanno portata ben presto a sconfinare il borgo, rendendo la sua vita eccezionale.

La sua fede e le sue conoscenze, si sono alimentate alle fonti della saggezza orale e non è un caso se quello che di ella oggi conosciamo, sia affidato alla stessa tradizione orale, attraverso le voci e le testimonianze di chi ha conosciuto questa piccola grande donna d’Irpinia.

Undicesima di 12 figli, affidò alle mura domestiche, alla masseria, le forze che il suo corpo gracile, reso tale dalle pratiche ascetiche, era comunque capace di destinare alle attività di casa, alle cura amorevoli dei familiari, alla coltivazione delle doti ed arti femminili che in quest’angolo di terra irpina sono ancora oggi soprattutto quelle del tombolo, nel gergo di allora e di oggi, i pizzetti.

Merlettaia di Dio, felice intuizione e definizione della terziaria francescana.

Al focolaio domestico alimentò e nutrì la sua fede, nelle pratiche quotidiane della preghiera intorno ad una croce posta sul focolare, richiamo all’unità familiare, convegno dei suoi membri nel segno della fede.

Altro richiamo forte nella formazione umana e cristiana di questa giovane, le venne dalla vicinanza dei frati francescani, del convento di sant’Egidio, una ricchezza inestimabile. Legami particolari li ebbe con Padre Giancrisostomo Petrillo da Dentecane, Cappuccino, e Padre Lodovico Acernese, anche egli Cappuccino di Pietradefusi, suo direttore spirituale, fondatore dell’istituto di suore che riconoscono in Teresa Manganiello la loro ispiratrice e modello.

La vita di questa ragazza, (1 gennaio 1849 – 4 novembre 1876), morì di tubercolosi a 27 anni, fu tutta un lesto darsi da fare: in casa, spesso frequentata anche da viandanti cui non si negava ospitalità e conforto, come ella stessa era solita fare, mendicando talora anche gli avventori sfortunati e rognosi, e fuori per esser pronta di potersi recare quotidianamente al vicino convento, per accostarsi ai sacramenti, incontrare Cristo anche nell’intimità dei colloqui mistici.

La sua dedizione a questo amore e alla consacrazione a Dio fu manifestata anche all’allora pontefice Pio IX che incontrò in una visita alla  santa sede resa possibile dal suo essere in compagnia di una nobildonna della vicina Benevento.

Da adulta questi suoi propositi di bene e pratica religiosa divennero impegno costante da terziaria francescana, ordine frequentato assiduamente e fondato in zona da Padre Lodovico Acernese. All’uomo questa donnina tenace, affidò in prossimità della morte i suoi strumenti di penitenza, tenuti debitamente nascosti in un cassone per non farsi “scoprire” dai familiari: dormiva su un saccone duro, si flagellava con rovi  per espiare i peccati dell’umanità.